
In tema di responsabilità medica per omissione, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10175 del 04/03/2020 (dep. 16/03/2020), si è espressa sul meccanismo del giudizio contro-fattuale spettante al giudice ai fini dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sanitari e le lesioni o il decesso del paziente.
La IV Sezione penale della Suprema Corte, nel caso di specie, annullando con rinvio la sentenza d’appello (la quale aveva confermato la condanna di primo grado del sanitario per omicidio colposo ex art. 589 c.p.), ha accolto la terza doglianza del ricorrente avente ad oggetto il vizio motivazionale e la violazione dell’art. 40 c.p. in ordine, da un lato, alla sussistenza del nesso di causalità affermato dai giudici in assenza di un adeguato giudizio controfattuale e, dall’altro lato, all’effettiva doverosità della somministrazione dell’eparina ritenuta escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in maniera illogica e contraddittoria.
I giudici Ermellini principiano dall’assunto secondo cui, per le fattispecie dei reati omissivi impropri, il rapporto di causalità tra l’omissione e l’evento non può dedursi sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve verificarsi alla luce di un giudizio di alta probabilità logica, di talché esso è esistentesolo se si giunge ad accertare che, ipotizzandosi come tenutal’azione omessa ed esclusa l’interferenza di concause alternative, l’evento, con elevato grado di credibilità, non avrebbe avuto luogo ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore lesività. A contrario, l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento e quindi il ragionevole dubbio comportanol’esito assolutorio del giudizio (sul punto si vedano anche SS.UU., n. 30328/02).
In merito al giudizio contro-fattuale, in particolare, si è rimarcato come lo stesso debba fondarsi oltre che su informazioni scientifiche, anche (e soprattutto) sulle contingenze specifiche del caso concreto. In altri termini, il nesso di causalità sarà sussistente e il medico potrà dirsi responsabile delle conseguenze lesive o mortali patite dal paziente solo ove si sia valutato in concreto l’effetto benefico-salvifico delle cure omesse e non sulla scorta di deduzioni asettiche fondate su basi ‘astratte’, benché scientifico-statistiche.
Alla luce di quanto precede, nella fattispecie in esame, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appellolacunosa proprio nella parte in cui si limitava ad affermare la sussistenza del nesso causale sulla base del solo dato astratto e statistico che, pur essendo confacente alle linee guida,prescindeva dalla situazione concreta e, precisamente, dalle condizioni specifiche del paziente, dal lasso temporale intercorso tra il momento in cui è insorta la doverosità della terapia antitrombotica ed il decesso, dai tempi ordinari e specifici diefficacia della terapia omessa dalla stessa evoluzione della patologia trombotica e dall’analisi del relativo grado di gravità al momento in cui si sarebbe dovuta iniziare la terapia omessa.
La sentenza in esame, richiedendo l’indagine da parte del giudicante delle condizioni specifiche del caso concreto, consente senz’altro di evitare giudizi di condanna che si fondano su ‘automatismi’ talvolta astratti.
(Dott.ssa Immacolata Macrì)
(Avv. Lucio della Pietra)