
Il Supremo Consesso, con sentenza n. 12747 del 3/3/2020 (dep. 22/4/2020), ritornando sul tema della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel caso di mutamento del giudice decidente, ribadisce i principi di diritto espressi dalla recente pronuncia della stessa Corte, a Sezioni Unite, Bejrami (Cass., Sez. U.,ud.30/5/2019 – dep.10/10/2019, n. 41736).
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, seguendo le linee ermeneutiche tracciate dalla citata sentenza Bejrami, annulla con rinvio la sentenza impugnata dal procuratore generale della Corte d’appello di Perugia, con la quale si deduceva, erroneamente, la nullità assoluta ex art. 525 c.p.p. del provvedimento di prima istanza emesso dal Tribunale di Terni.
In particolare, con la pronuncia de qua, la V Sez. della Suprema Corte di Cassazione, presupposto che il principio di immutabilità di cui all’art. 525 c.p.p. vada inteso nel senso che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia lo stesso che, non solo, abbia assunto le prove, ma che le abbia altresì ammesse (ex. art. 495 c.p.p.) e che gli stessi provvedimenti di ammissione della prova emessi dal giudice, poi sostituito, mantengono efficacia se non espressamente modificati o revocati, ha ribadito, ai fini della rinnovazione, la espressa facoltà per le parti di richiederla. Invero, il mutamento della composizione del giudice attribuisce ex novoalle parti, ai sensi degli artt. 468 e 493 c.p.p., il diritto di chiederetanto l’assunzione di prove nuove, quanto la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice in originaria composizione, purchéconfortate da specifiche ragioni. Tuttavia, restano fermi i poteri di valutazione del giudice ex artt. 190 e 495 c.p.p., anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa; è importante che la stessa non risulti meramente ripetitiva di quanto già svolto. Ebbene, laddove la richiesta di reiterazione fosse rigettata, perché superflua o impossibile, sarebbero utilizzabili le dichiarazioni già presenti nel fascicolo, previa lettura ai sensi dell’art. 511 c.p.p.; lo stesso dicasi per il caso in cui le parti non manifestano alcuna volontà in ordine alla reiterazione di prove già assunte.
Quanto affermato rappresenta certamente un punto di equilibrio dell’opera di bilanciamento tra corollari processual-penalistici di rilievo costituzionale(cfr. art. 111, commi 2 e 3, Cost.): da un lato,il principio di immediatezza, che postula la sostanziale identità tra il giudice che assume le prove e quello che decide, prediligendosi un rapporto diretto tra organo decidente e prova; dall’altro lato, il principio di conservazione degli atti giuridici, volto a contenere i tempi di durata del processo al fine di evitare attività superflue e dilatorie.
(Dott.ssa Immacolata Macrì)
(Avv. Lucio della Pietra)